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Monday, 27 July 2020
Tuesday, 20 September 2016
DRESS
Video dedicated to the works
of art by Alessia Delvecchio, of the years 2015-2016, entitled "Dress".
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Video dedicato alle opere d'arte di Alessia Delvecchio, anno 2015-2016
dal titolo "Dress".
Tuesday, 13 September 2016
DRESS
Click on the image to read the catalogue
Cliccate sull'immagine per leggere il catalogo
Alessia
Delvecchio catalogue, content: a critical presentation of works from
the cycle "Dress" and images of computer art works on gatorfoam made from 2015 to 2016.
Dress
is a series of works made using the computer art print on gatorfoam foam board,
39,4x39,4x0,4in.
I'm
doing a visual journey along syncretism between religions which tries to
reconcile elements of cultural, philosophical and religious belonging to
cultures and precedent doctrines to find a link, a tendency to the
reconciliation of opposites that has to take place in each of our souls, and it
is the desire to know.
My
style is geometric, put in contact with pop art in the play of colours and
lines.
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Catalogo
d'Arte della pittrice Alessia Delvecchio, contiene una presentazione
critica delle opere tratte dal ciclo "Dress" e le immagini delle stampe su gatorfoam eseguite tra l'anno 2015 e
il 2016.
Dress è una serie di opere ideate con la tecnica della computer art,
stampate su pannelli in gatorfoam (100x100 cm). Questo percorso visivo
vuole portare lo spettatore a fare un viaggio lungo il tempo e le varie
culture che hanno caratterizzato l'umanità fino ad oggi. Lungo il
sincretismo tra le religioni che cerca di conciliare elementi culturali,
filosofici e religiosi appartenenti a culture e dottrine precedenti per
trovare quel nesso, quella tendenza al riconciliamento degli opposti
che avviene nella nostra anima e che fa da anelito al sapere. Il mio
stile è geometrico, e trova un contatto con la pop art nel gioco dei
colori e delle linee.
Dress
Introduzione
La moda (dal lat. mŏdu(m) ‘modo, maniera’. Usanza che, diventando gusto prevalente, s’impone nelle abitudini, nei modi di vivere, nelle forme del vestire) attraverso i secoli ci regala uno specchio della società dell'epoca. Perché ci copriamo? Perché ognuno di noi cerca di vestirsi a proprio gusto e a volte ci sentiamo a disagio se non seguiamo i nostri desideri? Cosa rappresentano gli abiti?
L'abito (dal lat. habĭtu(m) ‘caratteristica esteriore’, deriv. di habēre ‘avere’. Modo di essere, disposizione dell'animo, e nel fisico, figura, apparenza, vestimento, ossia tutto ciò che noi siamo destinati o soliti ad avere con noi, a portarci dietro continuamente.) fa l'uomo. A seconda della professione che svolgiamo o del nostro collocamento in un ambiente sociale, o a seconda dell'ora del giorno, della stagione, e così via ci cambiamo d'abito e ci adeguiamo alla situazione. L'abito determina il nostro modo di essere, come un involucro nell'involucro esso simboleggia realmente il nostro corpo fisico. Ogni giorno ci cambiamo d'abito non accorgendoci che compiamo nella realtà un grande gesto simbolico. Dovremmo avere realmente un "timore reverenziale" verso l'"abito" che indossiamo ogni volta che ci vestiamo. Lo stesso timore che derivi dalla consapevolezza di ricoprire il nostro essere spirituale con un corpo fisico ogni volta che si viene al mondo. La consapevolezza di diventare un Io separato dal mondo spirituale a cui si potrà ritornare una volta deposto il corpo fisico, l'abito fisico. Mi alzo la mattina e indosso il mio abito, nasco e indosso il mio corpo umano. La sera mi libero del mio abito e vado a dormire, depongo il mio corpo umano una volta morto.
Questo percorso visivo vuole portare lo spettatore a fare un viaggio lungo il tempo e le varie culture che hanno caratterizzato l'umanità fino ad oggi. Lungo il sincretismo tra le religioni che cerca di conciliare elementi culturali, filosofici e religiosi appartenenti a culture e dottrine precedenti per trovare quel nesso, quella tendenza al riconciliamento degli opposti che avviene nella nostra anima e che fa da anelito al sapere.
L'Abito Spirituale
Quando l'anima discende dai mondi spirituali per occupare il suo corpo, proviene da un mondo in cui non vi sono forme spaziali, ma un mondo di luci, di armonia di colori, e di suoni con la loro melodia pervasi di anima e spirito. Il mondo che lascia è fatto di qualità, intensità, non di quantità e dimensioni. Quando l'anima si incarna si inserisce nelle tre dimensioni. L'essere umano porta dai mondi spirituali in quello fisico il colore dei suoi vestiti. Nell'abbigliamento degli uomini delle antiche civiltà vi era quel che gli uomini avevano portato dalla vita preterrena, come preferenze e armonie di colori. Un tempo gli artisti dipingevano l'iconografia dei santi mantenendo un abbigliamento tale da far riconoscere l'elemento spirituale-animico che dal cielo si portava in terra. Maria aveva sempre quel taglio di vestito con quei determinati colori che per tradizione mantenevano vivo questo legame.
«Le roi est mort, vive le roi! Ave Maria!»
James George Frazer in questa frase racchiude tutto il sapere del mondo. Il suo affascinante viaggio attraverso il mito, le credenze popolari, la magia, la religione si rifà ad un'unica eterna verità.
La sua ricerca si fonda su due domande fondamentali e quel che ci interessa è «Perché il sacerdote di Aricia doveva uccidere il suo predecessore?» Il sacerdote di Aricia era uno di quei sovrani divini dalla cui vita dipendeva il bene della comunità e il corso della natura. Per scongiurare qualsiasi catastrofe naturale era necessario mettere a morte il re quando era ancora nel fiore dei suoi anni. In questo modo si perpetuava una dinastia di vigorose incarnazioni garantendo anche agli uomini e agli animali lo stesso. Analogamente il susseguirsi della semina e del raccolto, dell'estate e dell'inverno conservavano il loro ritmo sempiterno. Questo sacrificio ricorda analogamente altri sacrifici di altre divinità che condivisero il suo destino e che precedettero il Cristo.
Frazer attraverso la sua indagine è riuscito a tirare le fila della matassa religiosa che avvolge l'intera l'umanità riconducendo tutto ad un'unica divinità che di vita in vita assume differenti sfumature ma che viene sacrificata ogni volta per il perdurare del genere umano.
LA GENESI
Adamo, Eva e Caino
Adamo significa uomo terroso o di terra rossa ad indicare la sua origine argillosa. Egli giunto all’età di 932 anni e sentendosi vicino alla morte, invia il figlio Seth alla ricerca del Paradiso terrestre, per ottenere l'olio della misericordia come viatico di morte serena. L'Arcangelo Michele gli diede un ramoscello dell'albero della vita per collocarlo nella bocca di Adamo al momento della sua sepoltura. Il ramo crebbe e divenne l'albero che in seguito fu usato per fabbricare la croce del Cristo.
Eva significa vivente, è la Madre dell'umanità. Dio permise ad Adamo ed Eva di vivere in Eden e di potersi cibare di qualsiasi albero tranne quello della conoscenza del bene e del male. Il serpente riuscì a convincere Eva a mangiarne il frutto che conseguentemente convinse Adamo. Dio maledì il serpente e i due da quel momento vennero a conoscenza della morte.
Caino è il primogenito di Adamo ed Eva, a cui fecero seguito Abele, Seth e molti altri figli e figlie. Caino si racconta facesse l'agricoltore, mentre il fratello Abele era pastore. Il diverbio ebbe inizio quando Dio preferì i sacrifici di Abele a differenza di quelli di Caino. Il Dio dell'antico testamento preferiva sacrifici animali per onorarlo mentre Caino offriva solo i prodotti dei campi. Ingelosito Caino non ascoltò l'invito a non sconfortarsi da parte di Dio e uccise il fratello. Così fu condannato da Dio ad essere per sempre ramingo e gli pose un segno sul capo perché nessuno lo uccidesse, quindi fu bandito dal Paradiso e se ne andò con la famiglia ad oriente.
Nella genesi non si parla della morte finché non appare quando Caino uccide Abele, prima si parla solo di sonno. In principio l'uomo comparve come essere asessuato un essere maschile-femminile insieme, non ancora denso come ci immaginiamo l'uomo di oggi. Quindi la riproduzione avveniva mediante il sacrificio di parte della propria corporeità ad un'altra anima umana. Questo sacrificio era compiuto sotto la guida di entità spirituali superiori in uno stato indotto di profondo sonno. Nello stesso modo accadeva quando un'anima lasciava il proprio corpo, cadeva in un sonno profondo e veniva aspirata da parte del cosmo. Non rimaneva un residuo corporeo perché esso veniva subito utilizzato per il ricambio della vita. Quando l'uomo iniziò ad essere composto di materiale solido allora si originò la bisessualità. La divinità fece cadere l'uomo in un sonno profondo e gli venne tolta una parte della corporeità destinata ad accogliere l'anima femminile. Da ora in poi sarà la donna a dover partorire ma lo farà ancora sotto la protezione della divinità attraverso un sonno indotto, mantenendo così conservata l'innocenza dello stato paradisiaco delle origini. Pian piano che l'uomo destò la sua coscienza questa innocenza andò persa in favore delle brame e il sonno fu sostituito dalla morte. L'essere umano femminile non ancora entrato in una corporeità terrestre era l'immagine pura e perfetta dell'anima del mondo, la vergine e madre, la Eva prima del peccato.
ANTICHI MITI
Vasudeva, Devaki e Krishna nella Civiltà Indù
L'Induismo o Hindūismo tradizionalmente denominato Sanātanadharma "legge/eterna", è la religione con le origini più antiche, appartenente alla civiltà della valle dell'Indo. Più che una singola religione si può considerare una serie di correnti religiose con riti simili ma differenti tra loro a seconda del modo in cui interpretano la tradizione e la sua letteratura religiosa. Il termine hindū, fu in origine prettamente geografico in quanto si fa derivare dall'antica parola iranica utilizzata per indicare il fiume Indo, la regione dei suoi sette affluenti e i suoi abitanti. La regione a est del fiume Indo diventa così l'Hindustān "luogo dove si sta", "territorio".
Nei vangeli di Matteo e Luca sono indicate due linee ereditarie legate a Gesù, una di origine regale che parte da Abramo e l'altra di origine sacerdotale che parte da Dio, entrambe si riuniscono ad un certo punto con Manu una altissima guida spirituale sovrumana che condusse l'umanità dall'epoca Atlantica alla Postatlantica. Successivamente al Diluvio Universale, che sommerse il continente di Atlantide, il Manu guidò gli atlantidei più avanzati verso l’Asia Centrale. Da qui i primi iniziati del Manu furono inviati nel Nord dell’India per costituire il nuovo nucleo spirituale della prima cultura post-atlantica: ebbe così inizio l’epoca paleo-indiana.
Nella civiltà dell'India antica egli iniziò i santi Rishi ai riti legati al culto del Sole. I Rishi erano inoltre i portatori viventi della Sofia. Traevano questa conoscenza dal Sacro Libro dai 12 capitoli che il Manu scrisse per preservare tutta la conoscenza accumulata ad Atlantide.
I Rishi sono gli ispiratori dei Veda e i loro nomi sono rappresentati nella volta celeste dalle sette stelle dell’Orsa Maggiore o Grande Carro. Mentre le loro spose sono le sette stelle delle Pleiadi che rappresentano la loro conoscenza vivente. Nel cammino iniziatico superando le due coppie di sistemi stellari si arriva a Sirio che vien detta la stella dell'ottava superiore e risulta di fatto la più splendente del cielo notturno e che nel mondo egizio indicava Iside, la cristiana Divina Sofia.
Gli indiani sentivano nostalgia dei mondi spirituali e ritenevano la realtà materiale un’illusione, la Maya, da rifuggire: non avevano alcun interesse nella natura. Così i Sette Santi Rishi li istruivano con poemi, poesie e canzoni che ridestavano negli antichi indiani la percezione del mondo spirituale nel mondo fisico.
Dunque le loro parole erano magiche, in grado di comandare la volontà di quegli uomini appena nati sul piano fisico. Annunciarono così la discesa dello Spirito Solare, il Cristo come Vishva Karman, che sarebbe disceso sul piano fisico solo nella quarta epoca greco-romana.
Alla fine dell’epoca paleo-indiana, la conoscenza dei Rishi si riversò in forma trasformata nella seconda epoca post-atlantica, quella paleo-persiana. Zarathustra fu il grande maestro di quell’epoca che presentò Vishva Karman come Ahura Mazdao. La conoscenza spirituale dei Sette Santi Rishi si ripresenterà infine in forma cristificata durante la settima e ultima epoca di cultura post-atlantica, la futura epoca americana.
Vasudeva era il padre di Krishna e Balarama ed era figlio di Shurasena e fratello di Nanda Baba, che fu il padre affidatario di Krishna. La sorella di Vasudeva, Kunti, era sposata con Pandu.
Vasudeva sposò Devaki, cugina del re Kamsa ed ebbe anche una seconda moglie, Rohini Devi, con cui ebbe una figlia, Subhadra. Vasudeva e Devaki passarono la maggior parte della loro vita adulta imprigionati nel palazzo reale per ordine di Kamsa, in seguito ad una profezia secondo cui Kamsa sarebbe stato ucciso da un figlio di Devaki. Vasudeva dopo la nascita di Krishna grazie ad intervento divino poté scappare temporaneamente dal palazzo reale per affidare il figlio a Nanda Baba. Quando Kamsa si rese conto che Krishna era stato messo in salvo, liberò Vasudeva e Devaki.
Dopo che Kamsa fu ucciso da Krishna, Vasudeva diventò Principe della Corona della città di Mathura sotto il nuovo re Ugrasena, zio di Devaki.
Devaki era la moglie di Vasudeva e madre di Krishna e Balarama. Figlia di Devaka, il fratello più giovane del re Ugrasena di Mathura. Devaki ebbe otto figli e Kamsa riuscì ad ucciderne sei. Il settimo, Balarama, riuscì a salvarsi per mezzo di Vishnu che lo trasferì nel grembo di Rohini, seconda moglie di Vasudeva. L'ottavo figlio che era Krishna nacque a mezzanotte e fu scambiato con una bambina (un'incarnazione della dea Yoga-Nidra o Maya) nata nel frattempo dal ventre di Yashoda, moglie di Nanda. Kamsa decise di uccidere la bambina, che scomparve prodigiosamente sotto i suoi occhi. Krishna fu affidato a Nanda e cresciuto nel vicino villaggio di Gokul. Quando Kamsa si rese conto che Krishna era stato messo in salvo liberò i due sposi ed essi poterono vivere a Mathura. La tradizione indù dice che il concepimento di Krishna fu ad opera di Vishnu il quale si strappò due capelli, uno bianco e uno nero. Questi caddero sul grembo di Devaki, il capello bianco concepì Balarama, mentre il capello nero successivamente concepì Krishna, incarnazione dello stesso Vishnu.
Krishna o Krsna in sanscrito significa “scuro”, il colore della pelle della divinità è infatti un azzurro scuro. E' l'ottava avatara del dio Vishnu. La vita di Krishna la si trova nel Mahabharata.
Krishna è indicato come Janardana (“colui che fa tremare i demoni”) e come Govinda (protettore delle mucche e della terra). Porta sullo stendardo l'uccello Garuda, l'uccello gigantesco che trasporta il dio Vishnu. Ha come attributi la conchiglia (pancajanya) col cui suono atterrisce i demoni; il disco (vajra nabba) datogli da Agni, dio del fuoco, come arma e quindi come segno di protezione. Insegna all'eroe Bhima, fratello maggiore di Arjuna (due dei cinque figli del re Pandu; i Pandava), l'arte della guerra. Krishna interviene nella lotta con consigli e azioni gloriose. Offre sacrifici, compie riti. Il sovrano di Mathura, Kamsa, in seguito, saputa la notizia della presenza del bimbo Krishna nel villaggio di Vrindavana, inviò un demone di nome Pūtanā per ucciderlo. Questi assunse le sembianze di una bellissima donna la quale, visitando le giovani madri, chiedeva di poter tenere in braccio i piccoli e allattarli con del latte avvelenato provocando la morte dei neonati. Ma quando fu il turno di Krishna, egli cominciò a succhiare tanto avidamente da provocarne la morte, in quanto immune al veleno. Una volta morta, la donna riprese le sue vere sembianze di demone, svelando così il complotto. Krishna trascorse l'infanzia nel distretto di Vrindavana, nei boschi di Gokula, tra i pastori, e le loro mogli e figlie, da queste vezzeggiato prima e amato poi. Krishna rapisce Rukmini, sorella di Rukmin e fidanzata del re Sisupala. Incalzato da Rukmini, Krishna si trasferisce con il suo popolo verso occidente dove fonda la città di Dvaraka nel Gujarat. Sposa Rukmini dalla quale ha tredici figli e tredici figlie. Sposa poi altre sette regine e 16.000 donne, generando innumerevoli figli e figlie. Una feroce lotta interna distrusse la sua stirpe e così si ritirò in un bosco a praticare l'ascesi. Qui un cacciatore lo scambiò per una gazzella e lo colpì al calcagno, unico suo punto vulnerabile, da ciò la morte. Krishna lasciò quindi il suo corpo e riacquistò la sua forma divina. La dottrina di Krishna è contenuta nella Bhavavad-Gita ed era professata da una scuola religiosa detta “dei seguaci del beato”, cioè Krishna.
Le raffigurazioni dell'antica civiltà indù sintetizzano una natura lineare, geometrica e spirituale molto legata al decorativismo. La disposizione dei corpi umani e animali è solitamente di profilo, come nelle altre civiltà a seguire. Adoperando colori a campiture piatte che vanno dal giallo, alle tinte della terra, al rosso, agli azzurri e blu oltre al bianco e al nero. Fu una civiltà agricola e urbanizzata molto sviluppata con legami commerciali con la Mesopotamia che ci ha lasciato delle importanti vestigia e delle opere d'arte che conservano una scrittura ancora non decifrata, incentrata sul culto di una divinità femminile. Se le immagini di statuette prediligono rappresentare la divinità femminile in forma umana mentre quella maschile sotto forma animale (soprattutto toro, bufalo d'acqua e zebù), i sigilli presentano figure maschili e femminili dove l'elemento umano è mischiato a quello animale, in particolar modo con tori, bufali e tigri.
Gli abiti più antichi erano fatti di cortecce e foglie e si chiamavano phataka. In seguito furono indossati indumenti colorati e ricamati noti come paridhan e pesas. La maggior parte dei tessuti indiani sono fatti di cotone, fibra ideale per le elevate temperature presenti per gran parte dell'anno a quelle latitudini. Dal II secolo, la mussola fabbricata nel sud dell'India veniva importata dall'Impero Romano e la stoffa di seta era uno dei maggiori prodotti delle esportazioni dell'antica India insieme alle spezie. L'abbigliamento tradizionale in India varia notevolmente tra le diverse parti del paese, gli stili popolari di abbigliamento comprendono indumenti drappeggiati come sari e dhoti o lungi per gli uomini. Con pieghe, volute, nodi e rimbocchi, gli Indiani hanno da millenni esibito una straordinaria eleganza nell'abbigliamento, col solo aiuto di pezze di tessuto non cucito. La sari, dal sanscrito chaira, pezza di tessuto indossabile, ha la possibilità di essere drappeggiata da ogni donna come meglio crede, secondo la taglia, o la moda del momento nel corso della vita intera. Ogni epoca, ogni casta, tribù e regione ha avuto il suo modo differente di drappeggiare la sari. Il dothi, di cotone leggero, normalmente bianco, con una sottile bordura ed una semplice e geometrica decorazione le cui abbondanti pieghe erano rette in vita da una cintura lasciando sovente scoperto il petto e la parte superiore del corpo. Anche le donne indossavano il dothi e solo posteriormente l'abbigliamento femminile cominciò ad evolversi e differenziarsi fortemente da quello maschile. Lo scialle, che qualche volta copriva le spalle, nei secoli si trasformò di fatto nella stabile parte superiore della sari ed il numero di metri richiesto per la pezza aumentò.
Le donne indiane amano perfezionare il loro senso di fascino con trucco e ornamenti. Orecchini, mehendi, braccialetti e altri gioielli sono piuttosto comuni. In occasioni speciali, come matrimoni e feste, le donne possono indossare colori allegri con vari ornamenti realizzati con pietre preziose, oro, argento o altre pietre semi-preziose locali.
Le acconciature sia per uomo che per donna erano dalle forme più svariate. Nel periodo vedico si installa il sistema sociale delle caste e c'è un cambiamento di costumi, e di come usare i capelli. Ogni indù deve indossare i capelli tagliati come un Sikh, che è equivalente a radere tutta la testa e lasciare un ciuffo di capelli sul retro o sul lato della testa. Nel tempo, questo tipo di taglio sarà utilizzato solo dai bramini, la casta sacerdotale. Il resto della popolazione utilizza i capelli lunghi, e le donne di casta superiore utilizzano ornamenti di gioielli e pietre preziose sulla fronte. Durante la cultura indo-greca, le acconciature erano portate con trecce semplici o capelli ricci. In questo periodo gli uomini e le donne avevano teste riccamente ornate. Gli uomini in generale utilizzano lunghi capelli sulle spalle, indossando anche fasce per i capelli.
Il bindi è spesso una componente essenziale del trucco di una donna indiana. Portato sulla fronte, alcuni lo considerano come un segno di buon auspicio. Tradizionalmente, il bindi rosso è stato portato solo da donne sposate indù, e quello colorato da donne nubili. Alcune donne adoperano il sindoor una tradizionale polvere rossa o arancione-rosso (vermiglio) nella separazione dei capelli (localmente chiamato mang). Il sindoor è il segno tradizionale di una donna sposata, fra gli induisti.
La maggior parte degli indiani calza i sandali.
Dumuzi, Inanna e Shara nella Civiltà Sumera
La civiltà sumera si sviluppò in Mesopotamia e nella sua mitologia si parla di Dumu-zi-Abzu o Dumuzi il dio della vegetazione che si rinnova ad ogni anno. Nella lista reale sumerica Dumuzi è anche indicato come secondo sovrano della mitica I dinastia di Uruk. Nel poema del ciclo epico sumerico a lui dedicato le caratteristiche divine di Dumuzi si sovrappongono alle sue caratteristiche di sovrano. Tra le rappresentazioni di Dumuzi è particolarmente conosciuta quella del dio pastore, celebrato dagli allevatori di pecore che lo dicevano figlio di Duttur, la personificazione divina della pecora. Mentre gli allevatori di bovini lo dicevano figlio di Ninsûna, la personificazione divina dei bovini selvatici. La rinascita della vegetazione in primavera e la floridità dei pascoli era infatti la base di quelle economie. In alcuni testi appare una forma del dio chiamato "Dumuzi del grano", legato all'agricoltura ma in particolar modo alla produzione della birra di grano, attività nata nella civiltà sumero-accadica.
Una ulteriore forma del culto lo vede come il "dio bambino", Damu, da collegare alla venerazione dei coltivatori degli alberi da frutta nel basso Eufrate. La mitologia di Damu si distacca parzialmente da quella generale di Dumuzi, non prevede i riti del matrimonio ma è particolarmente importante il rito della ricerca del dio morto.
I culti e la figura di Dumuzi sono strettamente legati a quelli della dea Inanna. Il matrimonio tra il giovane dio e la dea dell'amore era celebrato e messo in scena sacralmente ogni anno. Rito centrale nel culto di Dumuzi è il matrimonio sacro, il rito assume aspetti e significati differenti per le diverse comunità che lo celebravano. Per i coltivatori di alberi da frutto il matrimonio rappresentava la pienezza della stagione, il momento della raccolta, il banchetto nuziale ricco e pieno di ogni genere disponibile, anche di ciò che non poteva essere conservato durante la stagione invernale. La morte del dio è comune a tutti i miti di Dumuzi (o Damu), ma è differente nei diversi testi rinvenuti.
Alla morte del dio seguono le lamentazioni, la sua disperata ricerca e il suo ritorno alla vita parziale durante l'anno, ricordando il mito egiziano di Iside e Osiride.
Shara, figlio di Dumuzi e Inanna, nella mitologia sumera era il maggiore dio della città di Umma, fratello di Nidaba, il "principe dei cieli", il "caro figlio di Inanna". Il dio venne raffigurato tramite un ideogramma che sembra raffigurare un fiore che sboccia in una cornice, a questo ideogramma viene anche attribuito il significato "essere giallo-verde", "verdeggiante", che rendono il Dio Shara, oltre alla sua funzione di protettore della città e dio guerriero, dio della vegetazione. I re di Umma, nelle loro iscrizioni, si vantano di aver "fatto risplendere" il dio Shara.
Le raffigurazioni pittoriche della civiltà sumera sintetizzavano una natura lineare, geometrica e spirituale. Più semplice e meno decorativa dell'arte egizia, ma simile nella disposizione dei corpi umani, si prediligevano motivi più elementari adoperando colori a campiture piatte che vanno dal giallo, alle tinte dell'ocra, della terra, del cotto, al rosso, agli azzurri e blu oltre al bianco e al nero. Il modo di vestire dell'uomo e della donna era simile e andava dal semplice gonnellino stretto alla cintola, probabilmente in pelle di montone. In seguito si usarono drappi di lana frangiati avvolti alla persona. Sul capo le divinità portavano una tiara con corna multiple. Le donne indossavano lunghe vesti accollate con effetto a balze, mentre gli uomini erano avvolti in drappi con piccole frange e disposti in sapienti ed eleganti cadenze. Le capigliature erano fluenti e composte in trecce, si portavano baffi e lunghe barbe ricciute. Si indossavano collari, orecchini, amuleti, nastri e cordoni, tiare ed elmi d'oro cesellati. Non sono presenti sandali ai piedi.
Nimrod, Ishtar e Tammuz nella Civiltà Babilonese
La leggenda babilonese narra che Cush (figlio di Cam, uno dei figli di Noè) sposò Semiramide e generarono Nimrod. Questi dopo la morte del padre sposò la madre diventando un dio-uomo e Semiramide la potente regina dell'antica Babilonia. Nimrod fu ucciso da un nemico e il suo corpo tagliato in pezzi poi dispersi nel suo regno. Semiramide fece raccogliere tutte le sue parti ricalcando il mito di Iside e Osiride. La regina proclamò Nimrod dio del sole col nome di Baal, mentre lei come dea lunare divenne Ishtar, la quale fecondata dai raggi del sole del dio Baal diede alla luce un figlio di nome Tammuz.
Ištar o Ishtar è l'omologa della dea sumera Inanna. A lei era dedicata una delle otto porte di Babilonia. Essa aveva contemporaneamente l'aspetto di dea benefica (amore, pietà, vegetazione, maternità) chiamata anche: "Argentea", "Donatrice di Semi", e di dea terrificante (guerra e tempeste) che distribuiva agli uomini potere e conoscenza. In alcuni racconti è figlia di Sin, dio della luna, e sorella di Šamaš, dio del sole, mentre in altri è descritta come figlia di Anu, dio del cielo. In tutti i racconti si mantiene l'associazione della dea con il pianeta Venere, che le comporta l'appellativo di Signora della Luce Risplendente. L'iconografia della stella a otto punte legata a Venere la ritroviamo anche nell'iconografia cristiana correlato alla Vergine Maria. Ishtar come dea dell'amore e della voluttà ebbe per emblema la colomba. Come dea della guerra viene rappresentata mentre brandisce delle armi. Come dea della caccia veste in armatura da cacciatrice, con arco, frecce e faretra ritta sopra una tigre.
Tammuz (nome di origine sumera che indicava il dio Dumuzi e l'assiro Adonis) un giorno venne ucciso da un cinghiale selvaggio e Ishtar disse che ora era salito al cielo insieme al padre. Il sangue cadde su di un ceppo d'albero, che crebbe durante la notte fino a diventare un albero sempreverde sacro. Il suo simbolo divenne il Tau e chi o adorava doveva fare il suo segno. Il culto di Tammuz si diffuse in tutto l'oriente mediterraneo, la cui morte e risurrezione rappresentava il periodico rigenerarsi della vegetazione a primavera.
Le raffigurazioni pittoriche della civiltà babilonese riprendono la struttura lineare della civiltà sumera nelle linee geometriche ampliandone il decorativismo che le avvicina all'arte egizia, simile nella disposizione dei corpi umani. Si adoperavano colori vivaci a campiture piatte che andavano dal giallo, alle tinte dell'ocra, della terra, del cotto, al rosso, agli azzurri e blu oltre al bianco e al nero. L'abito femminile e maschile erano simili, con la stessa linea geometrica conica. La tunica di linea rigida chiamata kandis era portata lunga dai dignitari e dalle donne, mentre si accorciava per i guerrieri. Sopra la tunica si portava un ampio scialle in lana frangiato a guisa di mantello detto kaunace. I copricapi erano a tronco di cono con puntale per i sacerdoti chiamato kirbase. Il re e la regina portavano delle corone. Ai piedi indossavano dei calzari in cuoio con copritallone e chiusura a passante o a stringhe detti persiche. I capelli, i baffi e la barba erano finti, fatti di lana arricciata e intessuti con fili d'oro. Indossavano orecchini, bracciali, collane, e preziosi copricapi. I tessuti erano molto decorati con forme geometriche e applicazioni con elementi naturali.
Pourusaspa, Dughdova e Zoroastro nella Civiltà Persiana
Pourusaspa, che significa possessore di cavalli pezzati, era un uomo religioso e colto appartenente alla famiglia degli Spitama, era lo sposo di Dughdova.
Dughdova significa giovane del latte, ella sognò un angelo che le predisse la nascita di un grande profeta. Durante la gravidanza i demoni tentarono di distruggerlo, ma fu protetto da Ahura Mazda. Zarathustra nacque ridendo e tutto l'universo partecipò alla sua gioia. Zarathustra era il terzo di cinque figli. Gli uomini erano soggiogati da Angra Mainyu, lo spirito del male. Ahura Mazdā, Dio creatore di ogni cosa e sommo bene, decise quindi di inviare loro un profeta che li guidasse e li salvasse dalla malvagità che avvolgeva il mondo. L'Avesta ci parla delle tre componenti che formano sia Zoroastro che ogni uomo. La prima è xvarrah la forza, l'energia intellettiva, la seconda è fravasi l'anima individuale preesistente, e la terza il corpo. La xvarrah è creata dalle luci infinite di Ahura Mazda e discende in forma di fuoco brillante nel focolare della casa della madre di Zarathustra. La madre riceve quel fuoco nel proprio corpo che diventa raggiante. I veggenti e i sacerdoti prevedono che il figlio che nascerà dalla donna li annienterà, così l'accusano di stregoneria per poterla uccidere. La donna viene trasferita dai genitori in un villaggio capeggiato da Pateraktarasp del clan degli Spitamidi, padre di Pourusaspa che sposerà la giovane.
La fravasi di Zarathustra è già creata, ma deve attendere la fine di un ciclo cosmico per essere inviata da Ahura Mazda e dagli Amesha Spenta (gli Immortali benevoli) nel gete (stato della creazione terrestre). Gli Amesha Spenta formano un ramoscello di haoma e vi introducono la fravasi di Zarathustra. Il ramoscello viene posto in un nido di uccelli, su di un albero. Lo sposo va a prendere il ramoscello contenente la fravasi dalla pianta che si piega verso di lui e lo porta alla moglie. Il corpo di Zarathustra, invece, scende sotto forma di pioggia da una nuvola. Lo sposo Pourusaspa porta fuori dalla stalla due vacche che danno il latte nel quale è la sostanza del corpo. La sposa munge le due giovenche e mescola il latte con l'haoma ricavato dal ramoscello dove è presente la fravasi. Le divinità demoniache vogliono distruggere il preparato, ma i due sposi riescono a berlo riuscendo a concepire Zarathustra.
Zoroastro o Zarathuštra nacque in una nobile famiglia, era un profeta i cui fondamenti riportò nelle cinque gatha raccolte nell'Avesta. L'incontro del profeta con Dio avvenne a trent'anni, quando Zarathustra si bagnava nel mezzo del fiume Daitya per le purificazioni rituali del mattino prima del sacrificio dell'haoma. Risalendo sulla riva incontrò una figura luminosa che si presentò a lui come Vohū Manah, l'arcangelo di Ahura Mazda che lo rapì portandolo nel cielo al cospetto del Dio unico. Vi furono sette incontri tra il profeta e il suo Dio, il quale gli consegnò la "rivelazione" ordinandogli di diffonderla nel mondo. Ma nel mondo Zarathustra incontrò l'ostilità dei sacerdoti che da quel momento egli considerò la vecchia e falsa religione. Così il profeta fu costretto a fuggire dalla sua terra natale e a trovare rifugio presso uno dei principi della Battriana. Il profeta all'età di quaranta anni convertì il principe alla nuova fede religiosa. Quest'ultimo divenne il suo protettore. All'età di 77 anni Zarathustra fu assassinato dal malvagio Bratrokres, che lo attaccò trasformatosi in lupo mentre pregava. Zoroastro salì direttamente in cielo dopo la morte.
La civiltà persiana assimilò e fuse i caratteri delle varie culture orientali dando alle arti figurative un'impronta assiro-babilonese le cui linee nette e geometriche si ispirano alla natura ma l'assenza di volume e dimensione sintetizzano un rigido ritmo decorativo. Uomini e animali compongono raffinate forme geometriche in cui la simmetria fa da padrona nel gioco di specchi che popola la fantasia e il pensiero di una civiltà dedita alla contemplazione e alla riflessione filosofica. L'abbigliamento femminile e maschile non si differenzia, predomina la linea sciolta con eleganti panneggi. La kandis era una sopravveste di lana cucita e modellata con drappeggi simmetrici e maniche ampie a saio. Le anaxyrides erano le brache simili a calze portate dai guerrieri sotto la tunica. Il capo era coperto con tiare di forma tronco conica, arcuate verso l'alto. I cappelli erano portati a calotta contornati da alti cordoni intrecciati a spirale. I berretti erano a forma di cappuccio. Ai piedi si portavano delle babucce di cuoio morbido. Le barbe e i capelli erano molto curati, arricciati alla moda mesopotamica. I monili erano d'oro e venivano adoperati con sobrietà.
Osiride, Iside e Horus nella Civiltà Egizia
Il mito egizio narra che la dea del cielo Nut e il dio della terra Geb generarono Osiride, Iside, Nefti e Seth. Osiride prese come sposa la sorella Iside. Osiride portò la civiltà agli uomini, insegnò loro come coltivare la terra e produrre il vino, chiamato anche il Re del grano fu molto amato dal popolo. Seth, invidioso del fratello, cospirò per ucciderlo. Egli costruì in segreto una bara preziosa fatta appositamente per il fratello e poi tenne un banchetto, nel quale annunciò che ne avrebbe fatto dono a colui al quale si fosse adattata. Dopo che alcuni ebbero tentato senza successo, Seth incoraggiò il fratello a provarla. Appena Osiride vi si adagiò dentro venne chiuso il coperchio e sigillato. La cassa fu poi affidata alle acque, che la trasportarono verso l’ignoto. Iside si mise in cerca del suo sposo e lo trovò in terra d’Asia. Lo riportò con sé in Egitto, ma il cattivo fratello Seth questa volta lo fece a pezzi. I resti del corpo di Osiride ridotto a brandelli vennero allora sepolti in altrettante tombe. In questo modo, egli diventò il Re dei morti, mentre prima lo fu degli uomini viventi sulla terra. Dal mondo dell’oltretomba mandò un raggio a colpire il capo di Iside, che così diede alla luce Horus.
Iside, sposa di Osiride e madre di Horus, fu la divinità femminile più importante del pantheon egizio, venerata in tutte le case dell’Antico Egitto, dove spesso le si dedicò un piccolo altare in quanto dea del focolare. Dea multiforme, il suo nome significa “sede” ed in origine fu la personificazione del trono reale. L’importanza e la diffusione del culto di Iside derivò dal suo ruolo di sposa e successivamente di madre che la dea svolse nel mito osiriano e pertanto venne considerata “Madre di tutti gli dei”, detta anche la Madre del grano. Invocata con diversi nomi: Grande Madre Divina, Sovrana di tutte le terre, Signora del Cielo, La Grande Madre. Fu anche considerata patrona delle arti magiche. Nei riti funerari, associata alla sorella Nefthi, è una delle due “lamentatici” che prestano la loro assistenza a tutti i defunti; nelle tombe tebane del Nuovo Regno le due dee sono spesso raffigurate piangenti da una parte all’altra del sarcofago.
Horus fu rappresentato con la testa in forma di falco e con la doppia corona sul capo. Il bambino fu nascosto alle persecuzioni incessanti di Seth, da Iside nelle paludi del delta dove lo allevò. Determinato a riconquistare il trono, Horus sfidò Seth ma nella violenta battaglia, il giovane dio perse un occhio. La battaglia continuò fino a quando Horus batté Seth, diventando unico legittimo sovrano d'Egitto.
Horus è il figlio postumo di Osiride, generato dall’oltretomba da Osiride e Iside, che diviene signore del mondo terreno. Il Libro dei Morti egizio ci narra come l'anima umana sottostà al potere di Horus, per tutto il tempo in cui vive racchiusa nel corpo (la cassa). Al momento della morte, l'anima abbandona questo involucro ed entra nel mondo di Osiride, diventando essa stessa un Osiride.
Di questo mito abbiamo diversi significati di lettura, il primo più comune o ingenuo legato al ciclo vegetativo della natura in cui si vedono Osiride e Iside come il corso annuale del sole attorno alla terra. Osiride tramonta per via delle forze della natura invernali di Seth. Iside simboleggia la luna in cerca del sole desiderosa di venir illuminata dal suo raggio. L'altro significato più alto legato ai riti di iniziazione egizi ci spiega come Osiride personifica lo spirito che una volta ingabbiato nella cassa (il corpo umano) non può far altro che morire, Iside è l'immagine dell'anima umana, che alberga in noi e che ci attira verso il regno dal quale siamo nati. Quando Iside viene purificata dal mondo fisico e quindi fecondata dal mondo spirituale (Osiride), da vita all'uomo superiore Horus che rappresenta il mondo dell'Io vincente su tutto quello che è inferiore nell'uomo. La figura di Iside in realtà viene rappresentata in una trinità di immagini: In primo piano abbiamo una Iside "fisica" che nutre il bambino Horus, dietro a questa immagine vi è una Iside "spirituale" con le corna di mucca combinate alla sfera del mondo sul capo, e le ali di avvoltoio mentre porge al bambino la croce ansata. Dietro a questa seconda vi è la terza Iside intrisa di saggezza, con la testa di leone. I tre aspetti dell'anima, la trinità delle Madri nasconde una viva consapevolezza del fatto che il processo conoscitivo è una specie di fecondazione.
Osservando le arti figurative di questa civiltà si denotano linee nette, geometriche, l'assenza di volume e dimensione. Ad esempio in una figura umana le spalle e il busto erano rappresentati frontalmente, il bacino di tre quarti, le gambe e il viso erano di profilo, ma l'occhio era raffigurato di fronte. Le proporzioni erano "gerarchiche": i personaggi più importanti erano raffigurati in scala maggiore. L'uomo era più grande e con carnagione più scura della moglie. La stilizzazione e il punto di vista del profilo per far concentrare l'occhio verso la sintesi della forma geometrica perfetta, ci conduce verso la comprensione di un'epoca rivolta completamente al mondo spirituale. I colori così nitidi e intensi stesi a campiture piatte: verde, blu, rosso, giallo e bianco ripresi dalla natura che li circondava. Gli uomini appartenenti alle classi inferiori indossavano un pano semplice, invece i ceti più elevati, dignitari e faraoni ne indossavano uno elaborato in lino trasparente di forma triangolare e pieghettato chiamato schentis con in testa un copricapo detto klaft. Le donne indossavano una veste tubolare di foggia aderente o ampia in lino trasparente detta kalasiris. Sia uomini che donne indossano l'emblema regale uraeus formato da un cerchio d'oro con una testa di avvoltoio e di serpente sulla fronte. Al collo portavano l'hosckh di smalti, pietre e paste vitree colorate. Altri accessori erano i sandali, bracciali, anelli, spille, collane, diademi, orecchini e parrucche.
Zeus, Leto e Apollo nella Civiltà Greca
Zeus nella religione greca era il sovrano degli dèi, il capo dell'Olimpo, il dio del cielo e del tuono. I suoi simboli erano la folgore, il toro, l'aquila e la quercia. Figlio del titano Crono e di Rea, sposo di Era e padre di Apollo e Artemide. La sua figura la ritroviamo nell'equivalente romano in Giove, nell'etrusco Tinia e nel germanico Odino. In arte era rappresentato principalmente in piedi col braccio destro alzato nell'atto di seguire una folgore appena scagliata, oppure seduto in trono con lo scettro. Il padre Crono ebbe molti figli ma li divorò per paura di essere spodestato da uno di loro. Zeus si salvò perché la madre gli diede al suo posto una pietra fasciata come un neonato. Il bimbo fu allevato a Creta e una volta adulto costrinse il padre a rigettare tutto quello che aveva divorato e coi fratelli si spartì il mondo.
Leto era figlia dei titani Febe e Ceo, possedeva i poteri del progresso e vegliava sulla tecnologia e sui fabbri. I suoi poteri erano molto simili a quelli di Efesto. Generò da Zeus i gemelli Apollo e Artemide. Zeus pur amando Leto temeva le ire della moglie Era e la allontanò poco prima del parto.
Quando Era seppe di questa relazione, desiderosa di vendetta proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente od un'isola. Disperata, la donna vagò fino a giungere sull'isola di Delo, appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo. Essendo perciò Delo non ancora una vera isola, Leto poté darvi alla luce Apollo ed Artemide.
Apollo era il Dio di tutte le arti, della musica, della profezia e di molto altro ancora, il suo simbolo principale è il Sole. I suoi attributi tipici sono l'arco e la cetra. Essendo il Dio della poesia era il capo delle Muse e veniva anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo contrariavano. In quanto protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo era anche venerato come Dio oracolare, capace di svelare, tramite la sacerdotessa detta Pizia, il futuro agli esseri umani. Anche per questo, era adorato nell'antichità come uno degli Dèi più importanti del Dodekatheon. Apollo è normalmente raffigurato coronato di alloro, la pianta simbolo di vittoria, sotto la quale alcune leggende volevano che il Dio fosse nato. Altro suo emblema caratteristico è il tripode sacrificale, simbolo dei suoi poteri profetici. Animali sacri al dio sono i cigni (simbolo di bellezza), i lupi, le cicale (a simboleggiare la musica ed il canto), i falchi, i corvi ed i serpenti, questi ultimi con riferimento ai suoi poteri oracolari. Il gallo, come simbolo dell'amore verso gli uomini di cui il Dio s'innamorò e il grifone.
Nella tarda antichità greca Apollo venne anche identificato come Dio del Sole, ed in molti casi soppiantò Helios quale portatore di luce e auriga del cocchio solare. Apollo è figlio di Zeus e di Leto e fratello gemello di Artemide la dea della caccia e più tardi una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme a Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante).
Apollo ha numerosi epiteti per ogni suo ruolo come Febo (splendente), Akesios (guaritore) essendo il protettore della medicina, padre di Esculapio. Apotropaeos (colui che tiene lontano il male) Aphetoros (dio dell'arco) ed Argurotoxos (dio dall'arco d'argento) Archegetes (colui che guida la fondazione). Lyceios un riferimento al lupo, animale a lui sacro, e alla terra di Licia dove fosse nato. Loxias (l'oscuro) e Coelispex (colui che scruta i cieli) con riferimento alle sue capacità oracolari.
La civiltà greca apre un periodo di floridità da un punto di vista anche artistico in cui si rappresenta la bellezza fisica in un canone ideale che rompe con le civiltà del passato. Il volume e le figure plastiche dei nudi maschili, i panneggi ricercati accolgono la nuova concezione razionale di un uomo più terreno, più "pesante" e volumetrico. A seconda del periodo storico gli uomini indossavano una tunica di linea rigida con prevalenza di motivi verticali come la colonna di stile dorico, oppure più ampie e drappeggiate in quello ionico, in lana, a pieghe fisse, chiamata chitone. Sopra la veste portavano un mantello l'imation, oppure corte tuniche o mantelli pieghettati. Nel periodo corinzio la linea si fa morbida e drappeggiata e i tessuti diventano in seta importata dall'oriente, con tinte suggestive. Le donne hanno vesti lunghe e aderenti in lana spessa con due fibule agganciate sulle spalle che risvoltando due lembi di tessuto formavano un corto giubbetto l'apoptygma. In epoca ionica le vediamo con vesti più ampie aperte da un lato come nel peplo. Il bianco acquista importanza ravvivato da strisce colorate. Decorati con rosette, stellette e i motivi geometrici detti a greche. I gioielli erano raffinati, si indossavano collane a fili d'oro, orecchini, bracciali, diademi, fibule. I capelli erano disposti con molta cura, raccolti con spilloni, coroncine, reticelle, sulla nuca o sul capo. Ai piedi si portavano calzature raffinate come i crépide.
Giuseppe, Maria, Cristo nella Civiltà Romana
Dai vangeli possiamo trarre la storia di Giuseppe, Maria e di Gesù che divenne a trent'anni il Cristo. Per essere più precisi ci aiuteremo con il testo "Infanzia e giovinezza di Gesù" di Emil Bock per capirne i tratti salienti. La confusione fatta dalla Chiesa cattolica per conservare per sé il potere temporale durante i secoli e creare così una dipendenza psicologica tra il sacerdote e il fedele, ha reso pressoché impossibile trovare una spiegazione plausibile per l'esatta comprensione dei vangeli.
I vangeli vanno letti a partire da Matteo che comincia con l'infanzia di Gesù, poi Marco che inizia col battesimo nel Giordano, quindi Luca con l'infanzia di Gesù e infine Giovanni con il battesimo di Gesù. In questo modo facendo attenzione alle due genealogie esposte in Matteo e in Luca si arriva a comprendere che due individualità differenti, una discesa dalla corrente dei Re e l'altra da una più umile, nate in periodi diversi si ritrovarono a Pasqua nel tempio e che qui il Gesù più umile subisce un cambiamento incontrandosi con l'altro. Anche i genitori infatti stentano a riconoscerlo. Le due famiglie che avevano gli stessi nomi dopo l'accaduto continuarono a vivere nella comunità essena di Nazaret. Il Gesù più saggio di lì a poco morì perché nel tempio aveva donato il suo Io all'altro fanciullo. Suo padre Giuseppe morì ancor prima di lui, mentre la giovane madre del bambino ancora vivente morì nello stesso periodo. A questo punto la Maria della linea sacerdotale si unisce in matrimonio con l'umile falegname Giuseppe che accoglie tutti i suoi figli. Più tardi morì anche il padre di Gesù ed egli visse con Maria sino a trent'anni finché non ricevette il battesimo da Giovanni dove finalmente l'Io del Cristo entrò in lui. Anche Maria subì un cambiamento quando unita all'altra giovane Maria fu illuminata e trasformata dalla sua anima celeste. Come accadde a Giovanni, il discepolo che Gesù amava, che si unì all'anima di Giovanni Battista, l'anima più antica dell'umanità. Così quando Giovanni e Maria si trovarono dinanzi alla croce sul Golgota fu tolta dall'umanità l'antica maledizione di Adamo ed Eva che avevano ceduto alla tentazione del serpente dinanzi all'albero del paradiso. La croce diventa il nuovo albero della vita sorto sulla tomba di Adamo. La maledizione di Eva fu trasformata nel mistero di Maria. In Giovanni e Maria si rispecchiano quelle personalità nelle quali l'anima terrestre di Adamo trovò il Cristo.
La Maria del vangelo di Luca era l'immagine di Eva prima del peccato originale, pura, vergine e madre. Nel suo bambino puro si incarnerà l'entità dell'Adamo non ancora colpito dal peccato originale. Questa pura entità cosmica di luce di Maria nel mondo antico veniva chiamata Iside-Sofia mentre il cristianesimo la chiamava lo Spirito Santo. Maria era nata in Galilea, una terra molto simile per conformazione al paradiso terrestre e così giovane e celestiale fu rappresentata, con occhi chiari e capelli biondi. Ella fu data in sposa molto giovane all'interno della colonia essena a Giuseppe. Vicino al pozzo si vide apparire l'arcangelo Gabriele che le annunciò la sua maternità, piena di inquietudine si recò da Elisabetta con in grembo Giovanni. Con Giuseppe si recò a Gerusalemme per il censimento e vicina al parto trovò posto in una stalla nella grotta di Beltlemme. Una volta tornati a Nazaret nella colonia passarono dodici anni in compagnia dell'altra famiglia del Giuseppe nativo di Betlemme. Dopo l'evento di Pasqua al tempio, l'altro Gesù si deperì e morì, all'incirca questo evento coincise con la morte della giovane Maria a soli 25 anni che divenne l'archetipo della giovane madre con in braccio il bimbo rappresentata ovunque nella storia dell'arte: da Iside col bambino Horus a tutte le divinità-madri con il loro bambino.
La Maria del vangelo di Matteo invece ha un'origine tutt'altro che celeste, i genitori, frequentatori del tempio, la ebbero in tarda età e a soli tre anni la ritennero matura per essere presentata al tempio e qui istruita, considerata già adulta. A quindici anni i suoi educatori la diedero in sposa al Giuseppe di Betlemme, molto più vecchio di lei discendente dalla stirpe di Re Davide e Salomone. Su questa famiglia però incombe la minaccia della strage di Erode e una volta partorito a Beltlemme ha inizio la fuga in Egitto sino ad Eliopoli in cui visse alcuni anni per poi andar a vivere nella comunità degli esseni in povertà. Giuseppe morì quando Gesù aveva circa 12 anni e la lasciò vedova con 7 figli. Giunto il pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, Maria col fanciullo primogenito e l'altra famiglia si recarono al tempio e qui vi fu lo sgomento della famiglia della giovane Maria che rimase tre giorni in ansia per il figlio scomparso, mentre l'altro rimasto accanto alla madre era come spento. Ritrovatolo al tempio che insegnava ai sapienti, la vedova Maria riconobbe nel fanciullo le caratteristiche animiche che prima erano del suo. Di lì a poco vi furono le morti del bambino e della giovane Maria e la Maria salomonica divenne la moglie del falegname Giuseppe. All'età di 19 anni anche Giuseppe morì e Maria dovette assumersi da sola la guida di tutta la famiglia. Giunto all'età di 30 anni si sparse la voce che Giovanni predicava pubblicamente e battezzava nel Giordano, così ci fu il cosiddetto congedo da Maria per farsi battezzare, in cui ci fu un particolare colloquio, poi continuato negli anni in cui rendeva partecipe la madre delle sue esperienze. A questo punto la Maria verginale celeste compenetrò la Maria terrestre e le anime delle due Marie si uniscono in una che verrà ispirata da una realtà celeste. Qui avviene la redenzione dell'Eva terrestre per opera di Maria. Dopo la morte e resurrezione del figlio Maria divenne il centro della comunità dei discepoli che si preparano a partire in tutte le direzioni come apostoli del Vangelo. L'ultima parte della sua vita la trascorse nella casa dove fu fatta l'ultima cena e una delle stanze diventò la sua cella dove pregava continuamente, negli ultimi tempi non si cibava più del cibo terreno ma solo del pane degli angeli e nel camminare non toccava più suolo come una santa. La morte venne preannunciata dall'arcangelo Gabriele nella sua cella, così ella chiamò i 12 apostoli a sé da tutti i paesi del mondo e una volta spirata portarono il suo feretro nella valle di Josafat. Essi ricordano un cerchio intorno allo Spirito Santo, l'anima cosmica dispensatrice di sapienza. Nella valle di Josafat avviene la trasfigurazione di Maria ad opera dell'arcangelo Michele che nel suo splendore solare viene inviato da Cristo per trasportare l'anima di Maria in cielo. Assume qui l'immagine della donna rivestita del Sole e cinta della corona di stelle diventando da madre dolorosa, la madre trasfigurata di luce.
La civiltà romana e la sua cultura succedono a quelle ellenistiche. Per molto tempo l'arte romana appare imbevuta di elementi etruschi, nonostante i loro contatti con il mondo ellenistico. Gli abiti erano di linea morbida e sinuosa, semplici e solenni nella sobrietà della linea per la finezza dei tessuti e per l'abbondanza dei panneggi. L'uomo indossava la toga, il tipico mantello romano che rappresentava un segno di distinzione. Sotto la toga portava una tunica a maniche corte. La donna indossava un mantello di lana chiamato palla che veniva drappeggiato sopra la tunica. Detta stola, la tunica veniva portata anche da sola e completata da uno scialle, il flammeum, con largo bordo colorato che a volte assumeva l'apparenza di una sottoveste. Gli uomini avevano i capelli corti divisi in ciocche, le donne chiome raccolte in chignon arricciate alla fronte e alle tempie. Col disgregamento dell'ordinamento civile e politico di Roma si affermò il cristianesimo che darà vita ad una nuova forma d'arte che si imporrà successivamente, l'arte Bizantina. Durante questa transizione gli abiti erano più lineari e influenzati dall'oriente. La veste dalle maniche ampie chiamata dalmatica era semplice e comoda e prenderà piede dopo il 450. La toga si restrinse nel volume e si affermò la clamide, un mantello più pratico che si allacciava alla spalla destra. Più tuniche venivano indossate una sopra l'altra a seconda della stagione. La tunica femminile era indossata sopra una sottoveste a maniche lunghe. I militari vestivano una tunica corta ed un mantello color porpora detto paludamentum. Le influenze orientali portarono ad indossare massicce collane, vistosi orecchini, alte acconciature a forma di tiara, gioielli in grani d'oro, paste vitree colorate, cristalli d'ambra e altri materiali preziosi.
Uther, Ygraine e Arthur nel primo Medioevo
Come narra la leggenda, Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue che fuoriusciva dalle ferite del corpo del Cristo in una coppa, da quel momento divenne il custode del santo Graal. Appena poté liberarsi dalla sua prigionia in Palestina portò il sacro calice in Britannia a Glastonbury dove la storia si intreccia al mito dell'ordine dei cavalieri della tavola rotonda e di Re Artù.
Uther Pendragon era sovrano di Britannia e padre di re Artù. La sua prima biografia è stata ritrovata negli scritti di Goffredo di Monmouth nella Historia Regum Britanniae del XII secolo. Egli appare come un sovrano forte e difensore del popolo. Uther, Ambrosio Aureliano e Costante erano i figli di Costantino III, pretendente al trono di Roma tra il 407 e il 411 d.c. Alla morte di Costantino, fu Costante a succedere al padre, ma fu ucciso dal suo consigliere Vortigern, che prese il potere. I due fratelli ancora bambini fuggirono in Bretannia (Francia), ma una volta cresciuti tornarono in patria e Ambrosio bruciò Vortigern nel suo castello diventando il re. Uther guidò le armate del fratello in Irlanda per aiutare Merlino a portare le pietre di Stonehenge in Britannia. Mentre Ambrosio era ammalato, Uther condusse l'esercito contro il figlio di Vortigern, Paschent e i suoi alleati sassoni. Prima della battaglia Uther vide in cielo una cometa a forma di drago che Merlino interpretò come presagio della morte di Ambrosio e del suo radioso futuro. Uther vinse prendendo il nome di Pendragon "testa di drago", ma al ritorno trovò il fratello morto avvelenato. Salì al trono di Logris (Inghilterra) e mise a suo stendardo un drago d'oro. In seguito si dedicò a rendere sicuri i confini della Britannia e soppressa una rivolta sassone con l'aiuto del duca di Cornovaglia, Gorlois, che era suo vassallo, conobbe la moglie Ygraine al banchetto per la vittoria. Tra i due uomini scoppiò la guerra e secondo la tradizione, a seguito di un incantesimo operato da Merlino, Uther si tramutò nel duca di Cornovaglia per giacere con la moglie Ygraine a Tintagel con cui generò Artù, proprio quando il vero duca venne ucciso dall'esercito di Uther. Uther sposò Ygraine da cui ebbe anche un'altra figlia di nome Anna o Morgause che poi sposerà re Lot e genererà Gawain e Mordred. Mordred nascerà dal fratello Artù, che non sapeva di avere Morgause come sorella. Uther si ammalò ma andò ugualmente in guerra contro i sassoni sconfiggendo a Verulamium, Octa, il figlio di Hengest del Kent. I sassoni allora avvelenarono una fonte vicino a Verulamium, da cui il re era solito bere, per farlo morire.
Ygraine era la madre di Artù e figlia di Amlawdd. Sposò Gorlois con cui ebbe molte figlie. Una volta nato Artù, fu consegnato a Merlino che lo fece allevare da Ector. Re Artù tra mito e realtà si fa risalire all'epoca tra il 496 e il 537 d.c., quindi al primo Medioevo. Altre ipotesi lo danno in vita tra il tardo V secolo o gli inizi del VI secolo come un romano-britannico che combatteva contro i sassoni pagani. Il nome Artù significa orso, un simbolo di forza, stabilità e protezione. Re Artù nella trascrizione di Thomas Malory ottiene il trono estraendo una spada dalla roccia. In seguito questa viene distrutta mentre lotta contro re Pellinore perciò Merlino lo conduce dalla Dama del Lago la quale custodiva Excalibur e gli permette di prendere la spada magica. La sua lama è in grado di tagliare qualunque materiale e il suo fodero è in grado di rendere invincibile chiunque lo indossi. Merlino costruì con la magia la tavola rotonda presso cui sedevano tutti i cavalieri leali ad Artù ed ogni seggio aveva un nome assegnato che compariva al momento della nomina. Il seggio periglioso era l'unico a non aver nome fino all'arrivo di Galahad. Egli era il figlio di Lancilotto e nipote di Re Pelles diretto discendente di Giuseppe d'Arimatea. Fu allora che i cavalieri iniziarono la ricerca del Sangrail e Galahad trovò la coppa diventandone il custode fino alla sua morte. Artù nel frattempo era stato informato del tradimento della regina Ginevra, sua consorte, con Lancillotto, il quale si dovette allontanare nelle sue terre in Francia. Il Re mentre gli dava battaglia fu tradito dal figlio Mordred, che sparse la falsa notizia della morte di Artù proclamandosi nuovo sovrano, con l'intenzione di sposare Ginevra. La regina scappò a Londra e si rinchiuse nella Torre. Artù informato dell'inganno tornò in Inghilterra e sfidò il figlio in una battaglia rovinosa che portò alla morte entrambi gli eserciti. Il Re colpì il figlio con una lancia e il figlio ferì il padre con un colpo di spada. Artù in fin di vita disse a uno dei cavalieri che lo avevano soccorso di buttare Excalibur in mare. Bedivere rinnegò l'invito varie volte finché non si convinse e la gettò in mare dove fu afferrata da una mano che comparve tra i flutti e la portò con sé negli abissi. Poi il cavaliere prese il Re e lo trasportò alla riva del mare dove giunse una barca con tre dame a bordo che lo dovevano portare ad Avalon per curargli la ferita. Il mattino seguente Bedivere trovò la tomba del Re in un eremo, ma molti sostengono che egli non è morto, ma ritornerà per conquistare la Santa Croce.
Il periodo storico a cui risale il regno di Artù è il primo Medioevo quindi con l'affermazione del Cristianesimo il costume rimase legato agli usi del periodo tardo romano, in cui si manifestano infiltrazioni di fogge bizantine e barbariche. Lo stile romanico è l'espressione della civiltà feudale costituita da piccoli centri intorno a castelli e conventi in cui si sviluppano le attività economiche e di difesa. Gli affreschi del periodo tardoromano sono improntati su un impressionismo espressivo e realistico. Il costume prevede una linea essenziale e simmetrica, sobrio nella foggia e nel colore. I re vestivano con una corta tunica, calzebrache, attillati stivaletti e un mantello fermato sulla spalla destra da un grosso bottone. Le donne avevano una veste bianca di tessuto leggero, una sopravveste colorata, pellegrina a cuffia intrecciata e ingioiellata. Oppure una lunga tunica con sopra un caratteristico mantello detto penula e uno scialle.
L'ERA MODERNA
Albrecht il Vecchio, Barbara e Albrecht Dürer nel Rinascimento
Albrecht Dürer il Vecchio è nato in Ungheria nel 1427 circa e morì intorno al 1502 a Norimberga. Svolse la professione di orafo e dopo alcuni viaggi di perfezionamento nei Pesi Bassi si fermò a Norimberga dove sposò Barbara Holper che gli garantì l'accesso alla cittadinanza norimberghese e dopo il versamento di una somma di dieci fiorini, la qualifica di "maestro", aprendogli le porte nel mondo chiuso e ricco di privilegi delle corporazioni. Stimato e benestante, non seppe arricchirsi, infatti due anni dopo la sua morte la vedova si trovava già in condizioni di totale indigenza e venne presa a carico dal figlio Dürer che aveva scritto del padre: "Albrecht Dürer il Vecchio ha trascorso la sua vita con grande stento e pesante, duro lavoro; da nulla ha tratto sostentamento se non da ciò che per sé, sua moglie e i figli, si è guadagnato con le proprie mani. Per questo egli ebbe assai poco".
Barbara Holper nata nel 1452 e morta nel 1514 a Norimberga è stata la madre del noto pittore. Era figlia di un orafo di Norimberga Hieronymus Holper e si sposò con Albrecht Dürer il Vecchio, che era a bottega dal padre, nel 1467. Ebbe molte gravidanze, ma solo 3 figli sopravvissero, era una donna indebolita e frequentemente malata. Dürer dice della madre: "Questa mia pia madre aveva spesso la peste e molte altre gravi malattie, la povertà estrema ha subito il ridicolo, il disprezzo, le parole sprezzanti e altre avversità, ma non è mai stata vendicativa. E nella sua morte sembrava molto più dolce di quando aveva ancora la vita".
Albrecht Dürer nacque a Norimberga nel 1471 e vi morì nel 1528. E' stato pittore, incisore, matematico e trattatista. Viene considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale. In Italia entrò in contatto con ambienti neoplatonici, interessandosi di alchimia, simbologie esoteriche ed ermetiche che si riscontrano nelle sue incisioni. Degli altri due fratelli Endres e Hans, solo quest'ultimo prese a fare il pittore alla corte di Sigismondo I di Polonia a Cracovia. A sedici anni Dürer concluse il tirocinio e dichiarò al padre che preferiva diventare pittore e fu messo a bottega presso Michael Wolgemut il maggiore pittore e xilografo attivo a Norimberga in quegli anni. Nel 1490 egli iniziò a girare il mondo per approfondire le sue conoscenze. Durante questo periodo si manteneva lavorando come illustratore editoriale a Basilea e a Strasburgo. Nel 1494 dovette ritornare a casa dove il padre lo fece sposare con Agnes Frey, figlia di un ramaio di una potente famiglia, che non gli diede figli. Dürer iniziò a dipingere ad acquerello i dintorni della sua città. Scoppiata un'epidemia decise di abbandonare la regione lasciando la moglie a casa e partendo per Venezia in modo da acquisire nuove nozioni. Rimase affascinato dal variegato mondo artistico italiano che si riscontra negli acquerelli eseguiti durante il viaggio di ritorno. Nel 1495 quando ritornò a Norimberga decise di aprire una sua bottega come xilografo e calcografo che fruttavano maggiori guadagni. Di qui a poco realizzò libri con le sue incisioni e gli furono commissionate varie opere che lo portarono alla fama. Che Dürer fosse cosciente del proprio ruolo nel processo di evoluzione dell'arte lo prova l'"Autoritratto con pelliccia" del 1500, conservato a Monaco. Questo reca una iscrizione sul lato destro che dice: "Io Albrecht Dürer di Norimberga, all'età di ventotto anni, con colori eterni ho creato me stesso a mia immagine". Questo è il suo ultimo autoritratto e adottò nella costruzione della tavola una posizione rigidamente frontale, secondo uno schema utilizzato nel Medioevo per l'immagine di Cristo. Il Rinascimento fu l'epoca principe in cui l'artista si sentì finalmente conscio di se stesso, uomo al centro dell'universo. Perciò Cristo come incarnazione dell'Io sono, si adattava perfettamente all'affermazione del proprio Io da parte dell'artista. Durante il secondo viaggio in Italia nel 1505 egli cercò di conoscere le regole della costruzione prospettica, che venivano gelosamente custodite dai pittori locali. A Venezia ormai famoso trovò commissioni per ritratti e opere a soggetto religioso. Nel 1507 tornato in patria mise in pratica quel che aveva potuto vedere dei maestri del rinascimento italiano. Seguì nel 1520 un viaggio nei Paesi Bassi dove poté ammirare i maestri fiamminghi, ma si ammalò di malaria. Nel 1525 uscirono vari trattati a carattere scientifico, ne seguì la morte nel 1528 dovuta alla sua malattia e non avendo figli lasciò tutto a sua moglie che visse in ricchezza.
Il Rinascimento è un ritorno a concezioni e forme classiche dove le arti figurative diventano il tramite di conoscenza razionale e di ricerca scientifica. All'artista vengono riconosciute le qualità di individuo libero di esprimere il proprio genio e spirito. Le linee del costume rinascimentale sono equilibrate, eleganti e geometriche. Solo nel costume femminile rimangono le influenze gotiche nello scollo a v e nell'accenno di coda. Le acconciature sono composte facendo uso di reticelle e nastri. Gli uomini indossano farsetti attillati con sopra casacche aperte ai lati, le giornee, o giacche ampie, foderate con tessuto contrastante. In alternativa lunghe zimarre, soprabiti. La camicia bianca appare al collo e in sboffi delle spalle, dei gomiti e degli avambracci. Portano capelli lunghi e calzebrache di diverso colore.
Luigi XIII, Anna e Luigi XIV nel Barocco
Luigi XIII di Borbone, detto il Giusto nacque nel 1601 e morì nel 1643, fu re di Francia e di Navarra. Figlio di Enrico IV e Maria de' Medici, salì al trono a nove anni, aiutato dalla madre fino ai 14 anni. Nel 1615 sposò Anna d'Austria in un matrimonio infelice generando Luigi Deodato e Filippo, duca d'Orléans.
Anna Maria Maurizia d'Asburgo nota come Anna d'Austria è nata nel 1601 in Spagna e morì a Parigi nel 1666. Era la figlia di Filippo III di Spagna e di Margherita d'Austria-Stiria e per diritto portò i titoli di infanta reale di Spagna, del Portogallo, arciduchessa d'Austria, principessa reale di Borgogna e dei Paesi Bassi.
Luigi XIV di Borbone detto il Re Sole o Luigi il Grande è nato nel 1638 e morì nel 1715 a Versailles. Regnò per oltre settanta anni nell'interesse della Francia aumentandone la cultura e combattendo tre grandi conflitti.
Il Seicento è un’epoca ricca di contrasti politici, delimitati da due importanti avvenimenti storici: l’editto di Nantes del 1598, che ne segna l’inizio, e la morte di Luigi XIV avvenuta nel 1715, che ne segna la fine. Il barocco è un termine portoghese che significa perla irregolare e indica tutto ciò che mostra un gusto per uno stile bizzarro, che desti stupore e meraviglia, eccesso e apparenza. Parigi grazie a Luigi XIV diventa il centro universale della bellezza e del buon gusto. Questo stile caratterizzò tutti gli ambiti artistici e il Re amava curare il proprio corpo nella scelta degli abiti e degli ornamenti, tanto che anche coloro che lo circondavano dovevano indossare abiti che fossero alla sua altezza. Alte parrucche, finti nei, e scarpe con tacchi altissimi tinti di rosso. Anche gli uomini iniziarono ad indossare abiti sempre più elaborati e ricchi di pizzi, nastri e merletti. A corredo di tali accessori era possibile trovareguanti, gioielli preziosi, ventagli, ombrellini parasole, cuffie e grembiuli. Ma la vera innovazione erano i pantaloni, dritti, larghi e lunghi quasi fino alla caviglia. Lo stesso prestigio veniva attribuito anche agli stivaletti bordati di pizzo o all’elegante epreziosa veste da camera ricamata. Le donne, invece, erano solite mostrarsi con un abbigliamento meno appariscente e vistoso: per la prima volta sotto la gonna indossano i caleçon, una sorta di mutandoni lunghi fino al ginocchio, mentre il corpetto metteva maggiormente in risalto le forme e veniva completato dalle brassière o dai fazzoletti (sempre ricamati e ornati di nastri), che dovevano coprire quelle scollature diventate sempre più profonde.
Il barocco influenzerà ogni forma d’arte come la scrittura, la letteratura, la pittura, la scultura e l’architettura, portando alla costruzione di molti edifici ricchi di ornamenti molto vistosi.
Johann Caspar, Katharina Elisabeth e Johann Wolfgang von Goethe nel Romanticismo
Johann Caspar von Goethe è nato nel 1710 ed è morto nel 1782 a Francoforte sul Meno, scrittore e giurista tedesco. Figlio di un ricco borghese, sposa la figlia del sindaco di Francoforte, Elisabetta Textor con cui generò Johann Wolfgang von Goethe.
Katharina Elisabeth Goethe conosciuta come "Frau Rat" è nata nel 1731 e morì nel 1808 a Francoforte sul Meno, ebbe quattro figli. Molto intelligente, come testimoniano le lettere scambiate col figlio a cui deve un notevole sviluppo intellettuale.
Johann Wolfgang von Goethe fu definito uno dei più grandi letterati tedeschi e l'ultimo uomo universale a camminare sulla terra. Conosciuto come scrittore, poeta, drammaturgo e scienziato è il rappresentante del panorama europeo durante il periodo neoclassico. Come filosofo e scrittore fu una delle figure chiave della transizione dall'Illuminismo al Romanticismo. Studiò diritto a Lipsia dove iniziò ad interessarsi alla letteratura, alla pittura e alla drammaturgia ispirandosi alle opere di Klopstock e Lessing. Nel 1768 si ammalò gravemente e tornato a Francoforte iniziò gli studi di occultismo, astrologia e alchimia. In seguito coltivò lo studio della musica, dell'arte, dell'anatomia e della chimica. A Strasburgo incontrò quella che divenne il modello per i suoi personaggi femminili Friederike Brion, la donna amata e il filosofo Johann Gottfried von Herder che divenne suo amico. Questi lo portò ad apprezzare l'intensità drammatica di Shakespeare, ad approfondire la poesia popolare tedesca, l'architettura gotica come fonti per l'ispirazione letteraria.
Nel 1775 Karl August, duca di Weimar chiese a Goethe di fargli da precettore e grazie a lui la piccola capitale divenne un centro culturale di altissimo livello. nel 1786 affrontò il viaggio in l'Italia in modo da trovare nuovi stimoli e si stabilì due anni a Roma studiando i classici della letteratura, architettura e dell'arte Greca, di Roma e del Rinascimento. Tornato a Weimar si sposò con Christiane Vulpius da cui ebbe un figlio. Qui ebbe la direzione del teatro ducale e la possibilità di perseguire i suoi studi scientifici di anatomia, botanica e ottica. Infine avvicinandosi a Schiller compose numerose opere. Visse i suoi ultimi anni con intensa creatività guardando attentamente i grandi avvenimenti storici della sua epoca come la Rivoluzione francese, che biasimava per il disordine che si era creato; l'ascesa di Napoleone che ammirava; gli sforzi per unificare la Germania che disapprovava.
Durante il dominio imperialistico di Napoleone alla fine del 1700 nacque una corrente stilistica nuova detta Neoclassicismo che influenzò tutti i campi dell'arte e nell'abbigliamento emerse lo Stile Impero, ispirato agli antichi romani. Nella stessa epoca si sviluppò il Romanticismo che dalla Germania si diffuse in tutta Europa. Gli uomini portavano il frac, una giacca molto stretta in vita, con le maniche gonfie in alto e le falde corte. Aveva bottoni molto piccoli, di solito dorati. Il collo all’inglese, rimasto in questo tipo di abito fino ad oggi, era tagliato a zig zag ed aveva la forma di una M orizzontale. Il colore era nero o blu scuro. Di sotto si portavano camicie di lino finissimo, che erano ornate dal cosiddetto” jabot”, un merletto che dal collo copriva tutto il petto, arricchito da piccolissime pieghe. Da questo ”jabot” proviene la cravatta di oggi. I pantaloni, detti calzoni americani, erano a taglio tubolare e non si restringevano più sulle caviglie con un pizzo come i pantaloni del Settecento. Erano di colori sobri, tendenti al marrone. La mattina l’uomo portava la cosiddetta redingot al posto del frac. Era disponibile di vari colori, sia chiari, come il verde inglese, o di colori più scuri dai nomi fantasiosi, come color “Diavolo zoppo”. Le scarpe per la sera erano di vernice e venivano indossate sopra le calzette di seta nera. Le scarpe per il giorno, invece, di cuoio marrone, erano portate con le calze bianche. Tutti i modelli avevano la punta quadrata. Gli uomini eleganti portavano anche un anello, tenuto al mignolo della mano sinistra, e l’orologio, un po’ più grande di quello femminile. Un accessorio reputato di grande eleganza era anche il bastone. Generalmente di legno preziosissimo, il bastone aveva il pomello d’oro o d’argento, in cui si poteva tenere il necessario per fumare. Un altro accessorio indispensabile del gentiluomo erano i guanti: bianchi e di filo per il giorno e di pelle gialla per la sera. I giovani eleganti portavano anche un monocolo incastrato ad un occhio oppure degli occhialini da naso, attaccati ad una catenella.
Nell'abbigliamento femminile i colori scomparvero riprendendo la foggia delle antiche statue marmoree. Un vestito diritto, lungo sino alle caviglie, segnato da una cintura o una sciarpa sotto il seno. Le braccia erano scoperte e le maniche erano corte, a palloncino. Le scollature erano quadrate e molto ampie e all'inizio dell'Ottocento le dame si coprivano dal freddo con degli scialli. Dal 1805 i vestiti si arricchirono con pizzi e stoffe pregiate. La sera veniva indossato una specie di soprabito in pizzo più corto e aperto sul davanti in modo da far vedere l'abito sottostante. Col passare degli anni lo Stile Impero si modificò verso lo stile Romantico, dove le scollature si restrinsero un po' divenendo a punta e poi scomparvero. Si usarono camicette a collo alto di tessuto leggero da mettere sotto i vestiti e le scollature vennero ammesse solo negli abiti da sera. Le acconciature femminili erano ispirate all'antica Grecia ed erano caratterizzate da un incrocio di ciocche sul capo, ornate da perle e fiori. L'unica differenza erano i riccioli liberi lasciati ricadere sulle guance. Il colore di capelli più usato era il castano scuro e si indossavano dei cappelli piccoli allacciati sotto il mento. Gli uomini portavano i capelli scapigliati con ampie basette che scendevano sotto il mento e cappelli a cilindro.
MITI CONTEMPORANEI
Jonathan, Martha e Clark Kent nel Presente
Jonathan Kent e Martha Kent, sono i genitori adottivi di Superman. Vivono nella città rurale di Smallville in Kansas. Nella maggior parte delle versioni della storia delle origini di Superman, Jonathan e Martha sono stati i primi a trovare la navicella che ha portato il bambino Kal-El sulla terra. Hanno adottato il bambino e lo hanno chiamato Clark Kent. Clark era il cognome da nubile di Martha. I Kent sono di solito raffigurati come genitori premurosi che infondono all'interno di Clark un forte senso della morale, e lo incoraggiano ad usare i propri poteri per il miglioramento dell'umanità. In alcuni casi Martha è anche colei che crea il costume da supereroe di Clark.
Prima del 1986, in una versione i Kent muoiono poco dopo la laurea di scuola superiore di Clark. Ma in un'altra serie entrambi rimangono vivi anche dopo che Clark diventa adulto, con i Kent come personaggi di supporto fino alla morte del padre durante un attacco da parte del supercriminale Brainiac. Dopo il 2011 sia Martha che il marito sono deceduti uccisi da un automobilista ubriaco.
Superman fa parte della nostra mitologia moderna, creato nel 1933 da Jerry Siegel e Joe Shuster incarna il mito del semidio, un essere che venuto da un altro mondo su di una navicella spaziale, diventa un dio sulla terra, ma possiede pure le nostre debolezze umane. Di giorno si traveste da giornalista e lavora per il Daily Planet, indossando un abito blu, una cravatta rossa e degli occhiali da vista neri. Quando accade qualcosa per cui occorre la sua presenza di supereroe, si toglie i vestiti abituali e viene alla luce la sua vera identità. L'abito blu e il mantello rosso rappresentano l'iconografia di questo mito. Naturalmente il suo punto debole non poteva che essere qualcosa di verde, la Kriptonite, che provenendo dal suo pianeta natale, ormai distrutto, gli toglie tutti i poteri e una esposizione protratta lo può perfino uccidere. La morte è già avvenuta da tempo e naturalmente come tutti gli dei non poteva che risorgere. Se la Kriptonite lo uccide il Sole lo salva come fosse un moderno Apollo. I colori delle vesti non sono mai scelti per caso. Lo studio dei colori degli abiti nella storia dell'arte ci ha fatto capire che il blu appartiene alla sfera del cielo, degli angeli, dell'anima, mentre il rosso alla sfera terrestre delle passioni terrene, infine il giallo al sapere, al pensiero divino. Un essere divino, celeste che indossa un manto rosso terrestre. Non è la prima volta che lo incontriamo.
L'uomo moderno oggi si veste come le star del cinema o della televisione, con l'avvento degli outlet e dei grandi store la moda si è omologata divenendo un fenomeno globale. Basta vedere addosso ad un attore in voga un qualsiasi accessorio o capo che subito diventa di culto. In generale l'abbigliamento del nostro secolo è sempre più unisex, sia uomini che donne tendono a vestirsi con un completo camicia-giacca-pantaloni per il lavoro, o maglietta e un paio di jeans più casual per la casa o una passeggiata al parco. La sera ammette più stravaganza e mentre l'uomo indossa, se vuol essere veramente elegante, lo smoking per la donna abbiamo una vasta scelta di fogge e lunghezze di abito che attraversano tutta la storia del costume.
CONCLUSIONI
Attraverso queste opere abbiamo visto come la linea maschile da Adamo porti al culmine dell'avvenimento più importante della nostra umanità, la venuta del secondo Adamo, il Cristo. Allo stesso modo da Eva arriviamo attraverso i vari culti della dea Madre a Maria, la seconda Eva. Infatti fu compito di Maria generare il Cristo che tolse agli uomini il peccato originale. Simbolicamente questo avvenimento è stato sempre rappresentato in tutte le culture e su ogni piano di consapevolezza, nella religione, nel mito, nella fiaba. La rappresentazione dell'abito come "involucro" dell'uomo fa si che ognuno di noi possa riconoscersi nelle "anime" che hanno attraversato il mondo dall'inizio dei tempi e che ancora lo percorrono oggi per potersi evolvere. Nella fiaba la figura dell'Io è incarnata dal principe, mentre l'anima è la principessa, i due sposandosi trovano l'equilibrio, vivendo per sempre felici e contenti. Vivere per sempre è una consapevolezza dello Spirito dell'uomo. I colori delle "anime" rappresentate in questo percorso che va dalla Genesi al periodo Presente ci fanno capire come un unico pensiero, posto dietro a tutti gli avvenimenti accaduti nel mondo, si presenti sotto varie sfumature e come una luce non smette mai di risplendere per chi voglia seguirla.
Alessia Delvecchio
DRESS, Catalogo, Settembre 2016
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